Utensili a sub-diametro, aspetti generali.

Le tecniche con utensile a sub-diametro, cercano di risolvere alcune problematiche che nascono con l’utilizzo del pieno-diametro nel momento in cui le dimensioni o le curvature della superficie ottica  in lavorazione, assumono valori limite nel quale le tecniche standard possono rivelarsi poco efficaci o di difficile applicazione o addirittura, in alcuni casi, controproducenti.

possiamo riassumere i principali casi in cui è preferibile l’utilizzo di un sub-diametro:

  • lavorazione di grandi diametri ( oltre i 50 cm.)
  • configurazioni ottiche di grande apertura focale ( f2-f4)
  • curvature iperboliche o ellittiche
  • piccoli interventi di correzione zonale della superficie ottica.

Generalmente parliamo di sub-diametro nel momento in cui l’utensile ha un diametro inferiore rispetto allo specchio in lavorazione di almeno il 40 %.

Un utensile al 70-80 % del diametro-specchio, ha infatti, una azione non molto diversa da quella del pieno diametro e,  nella maggior parte dei casi, può anche sostituire in tutto il pieno diametro con risultati analoghi nell’applicazione delle tecniche.

In realtà, per un inquadramento generale, sarebbe più corretto parlare di più utensili a sub-diametro nell’arco di una stessa produzione ottica, scelti con dimensioni variabili dal 10% al 60 % a seconda del tipo di lavorazione che andremo ad effettuare, o se vogliamo, a seconda del tipo di azione che intendiamo applicare al nostro specchio.

prima di scendere nel dettaglio dell’azione esercitata dal sub-diametro, evidenziamo alcune principali differenze immediatamente riscontrabili da una prima analisi delle due tipologie di utensili.

Abbiamo detto quali sono le lavorazioni  in cui è preferibile l’uso del sub-diametro, tuttavia nulla ci vieta di utilizzare un utensile ridotto anche per le lavorazioni “classiche”.

Supponiamo ad esempio di voler eseguire la lucidatura di uno specchio 300 f5 con un utensile a sub-diametro e facciamo alcune considerazioni:

  • Durante una corsa con un sub-diametro, la superficie dello specchio su cui viene esercitata l’azione abrasiva, diminuisce quadraticamente rispetto alla diminuzione lineare del diametro. E facile rendersi conto che per asportare o lucidare la stessa quantità di materiare con un utensile al 50% occorreranno tempi 4 volte maggiori rispetto al pieno diametro, per un sub-utensile al 30% occorrerà un tempo 9 volte maggiore, e così via.
  • Una lucidatura, o anche una superficie sferica realizzata con un sub-diametro porterà inevitabilmente all’allungamento dei tempi di lavorazione, non solo, anche il consumo della patina, e quindi la sua manutenzione,  aumenterà di conseguenza con la stessa proporzione .
  • Come se non bastasse, il fatto che lavoriamo “nello stesso istante” solo una porzione della superficie, rende più difficoltoso il raggiungimento di una figura regolare come la sfera, in quanto è  più difficoltoso il raggiungimento di una lavorazione “simmetrica” nel quale l’utensile eserciti la sua azione lo stesso numero di volte e con la stessa intensità su tutta la superficie dello specchio in modo omogeneo.
  • Anche se “la legge dei grandi numeri” prima o poi riuscirà a prendere il sopravvento ed a uniformare la lavorazione, non è improbabile che l’utilizzo del sub-diametro porti in fase di correzione, dove non sono richieste grandi quantità di sessioni, alla comparsa di errori zonali come conseguenza di una lavorazione non uniforme.

Riassumiamo quindi anche gli svantaggi dell’utensile a sub-diametro.

  • allungamento dei tempi di lavorazione
  • difficoltà nel raggiungimento di figure regolari
  • comparsa di errori zonali
  • consumo/ deterioramento della patina maggiore.

 

MA ALLORA, PERCHE’ UTILIZZARE UN SUB-DIAMETRO ?

Non certo per risolvere le fasi di lavorazione dove il pieno diametro dimostra tutta la sua efficacia , per vedere in azione il sub-diametro bisogna uscire dal terreno di gioco”classico” e andare in trasferta, su campi più “ostili” dove le normali tecniche vanno in “affanno” e non riescono ad esprimere  il loro potenziale.

In altre parole con il sub-diametro, dobbiamo cambiare il presupposto, l’approccio alla lavorazione è fondamentalmente diverso: Non dobbiamo cercare di creare una superficie regolare ( come con il pieno diametro) basandoci sulla regolarità della lavorazione ma dobbiamo creare degli “errori controllati” sulla superficie che una volta uniformati restituiscano la figura cercata.

Per rendersi conto meglio di queste funzionalità cerchiamo di vedere come agisce il sub-diametro.

  1. qualunque sia il diametro del sub-utensile, la lavorazione con corse longitudinali-tangenziali genera una corona circolare , una zona depressionaria la cui estensione è di poco inferiore al diametro dell’utensile, mentre le corse radiali sono generalmente poco efficaci.
  2. Il diametro dell’utensile non cambia il risultato della lavorazione ma solo l’estensione della zona trattata.
  3. L’applicazione della pressione risulta molto efficace in quanto il peso viene concentrato su di una piccola porzione della superficie dello specchio quindi, anche se in generale l’abrasione e la regolarizzazione della superficie totale richiede molto più tempo con il sub-diametro, lo “scavo” di piccoli settori circolari avviene molto velocemente, in altre parole , per scavare una vera “voragine” concentrata in una zona dello specchio con il sub-diametro basta solo un po’ di … disattenzione !
  4. la “pressione localizzata” , ovvero l’applicazione del peso sull’utensile in un punto che non sia necessariamente quello centrale, permette di indirizzare l’intensità maggiore dello scavo con notevole precisione, esattamente dove vogliamo che vada.

cerchiamo di chiarire con degli esempi grafici.

UTENSILE 30%, PRESSIONE AL CENTRO, CORSE TANGENZIALI SU ZONA ESTERNA:

In questo caso l’azione abrasiva è maggiormente localizzata nel centro dell’utensile, come risultato avremo una corona circolare depressa rispetto al resto della superficie la cui estensione è di poco inferiore al sub-diametro.

Essendo il centro della zona più “scavato” rispetto alle zone adiacenti, come conseguenza avremo un aumento della curvatura in quel settore .

Le zone in rosso del grafico rappresentano il luogo dove è maggiore l’azione dell’utensile, le zone in giallo sono parzialmente interessate e costituiscono il “raccordo” alle zone in verde che invece non risentono dell’azione delle corse.

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UTENSILE 30%, PRESSIONE LOCALIZZATA AL BORDO , CORSE TANGENZIALI SU ZONA ESTERNA

in questo caso l’azione abrasiva è maggiormente accentuata verso il bordo,  il settore circolare risultante avrà una profondità, e quindi una curvatura non simmetrica . La maggiore profondità sarà in prossimità del bordo, la restante zona sarà di raccordo con la restante superficie. Da notare che la parte più esterna del bordo rimane comunque poco interessata dalla lavorazione.

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UN ESEMPIO DI APPLICAZIONE PRATICA

Supponiamo di aver diviso il nostro specchio in 5 zone secondo il criterio di Couder o di  Texereau, e di dover intervenire sulla zona n°3 che  risulta essere “alta” rispetto alle altre le quali, comunque sono “a misura” e non devono essere modificate.

In questo caso utilizzeremo un sub-diametro la cui estensione sia dell’ordine di grandezza quella della zona da lavorare, la traiettoria su cui applicare le corse sarà quella delimitata dalla estensione della zona 3 ed applicheremo la pressione al centro secondo le modalità di corse descritte in precedenza.

Il risultato che otterremo non dovrebbe essere molto dissimile dalla rappresentazione grafica:

Se poi vogliamo fare in modo che la lavorazione non interferisca con una delle zone adiacenti , possiamo sfruttare la pressione localizzata per definire in modo più preciso il raggio di azione delle corse:
nell’esempio sottostante si utilizza lo stesso sub-diametro al 20% con pressione al bordo per non interferire con le zone più esterne.

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Questi primi esempi di utilizzo del sub-diametro servono ad evidenziare la differente modalità di approccio alla costruzione di una superficie ottica. Numerose tecniche e tipologie differenti di utilizzo delle stesse sono state sviluppate e  possono essere applicate oltre a quelle descritte.

Anche le corse “classiche” radiali COC o le corse per la parabolizzazione a “W” vengono comunemente impiegate a seconda dei casi in cui possono rivelarsi proficue.

Quello che accomuna le diverse tecniche con il sub-diametro è che si genera una zona depressa rispetto al resto della superficie, la quale può servire per aumentare o diminuire l’andamento della curvatura della nostra figura in lavorazione. La diversa applicazione delle corse e della pressione può farci stabilire dove e come andremo a creare il settore depresso.

Comments (5)

  1. fulvio_

    Buongiorno,
    mi pare di capire che l’utilizzo del sub-diametro comporti il vantaggio di una lavorazione mirata, ma inconvenienti legati alla possibile comparsa di errori zonali (credi sia la controindicazione più importante).
    Leggo dall’articolo che il sub-diametro vada utilizzato per diametri superiori ai 50 cm. Tuttavia, vorrei gentilmente sapere, operativamente, fino a quale diametro (e per focali “relativamente comode” f4-f/5) l’utilizzo del PIENO DIAMETRO sia realmente sufficiente per tutte le fasi di lavorazione di uno specchio parabolico.
    Pensavo ad un 16″.

    Approfitto per complimentarmi per lo splendido sito e per il lavoro messo a disposizione di noi lettori.

  2. Massimo Marconi

    Massimo Marconi

    Buongiorno Fulvio, per i sub-diametro è esattamente come dici, il vantaggio offerto dalla possibilità di intervenire con precisione in qualunque zona della superficie, in modo mirato e “chirurgico” è legato all’inconveniente della probabilità di generare errori zonali o asimmetrie della lavorazione.

    Tuttavia eseguendo le tecniche nel modo corretto e avendo la cura di verificare spesso sia la funzionalità di tutto il set-up ( adattamento e durezza della patina ecc ) che i risultati delle sessioni, la probabilità di generare errori di asimmetria è pressoché nulla, mentre quella di generare errori zonali è insita nella lavorazione stessa, proprio perché si lavorano solo alcune zone in modo indipendente dalle altre. Qualunque intervento con sub-diametro genera un “errore” rispetto alla figura di origine. Il compito del grattavetro è proprio nel controllo di questo errore in funzione della geometria che si vuole raggiungere ( parabola, iperbole, ellisse )

    In base alla mia (ancora acerba) esperienza, ho visto che un F5 si lavora senza difficoltà con un pieno diametro. da questo punto in poi, diminuendo il rapporto focale, aumenta di pari passo la necessità del sub-diametro.

    Se per un grande specchio, la necessità del sub-diametro è data dalle dimensioni e quindi dal peso e dalla difficoltà di realizzazione e movimentazione di un utensile di 50 cm e oltre, per il discorso sul rapporto focale la motivazione è diversa:

    Una parabola inferiore o uguale ad F4 ha una differenza tra i raggi di curvatura tra bordo e centro che creano difficoltà di adattamento all’utensile a pieno diametro. In pratica, a differenza di ciò che succede nella sfera, non si avrà il pieno contatto della patina comunque si muova l’utensile sullo specchio, in alcune zone si avrà un contatto periferico, in altre centrale fino a che, a lungo andare, l’utensile si adatterà alla forma dello specchio solamente in una corona circolare mediana. Questo semi-adattamento genera la difficoltà fino all’impossibilità di costruire una figura corretta con il pieno diametro per le focali corte e cortissime.

    Ecco allora che la soluzione è nel ridurre la superficie di contatto tra patina e specchio ad una frazione di quest’ultimo, in modo che la differenza tra i raggi di curvatura in una piccola porzione di superficie rientri nelle capacità di adattamento della patina.

    La condizione fondamentale affinché qualunque tecnica con qualunque utensile porti al risultato previsto è nel pieno contatto tra le due superfici, in mancanza di questo, l’esito della sessione di lavoro porterà a risultati diversi da quelli attesi e quindi ad errori zonali non previsti.

    Quindi, per rispondere alla domanda , un 16″ F4.5 è uno specchio che risiede in una “zona di frontiera”, potrebbe essere lavorato in tutti e due i modi, in quanto le dimensioni consentono ancora di costruire e movimentare un utensile a pieno diametro e i raggi di curvatura potrebbero ancora rientrare nelle capacità di adattamento della patina. Quale sia preferibile ? la scelta è tra una lavorazione più veloce ma meno precisa e correggibile ed una più precisa, ma più lenta e più rischio di imprevisti.
    La soluzione che io adotterei in questo caso è quella di lavorarlo con il pieno, tenendo a portata di mano un utensile al 30% per intervenire al bisogno, specialmente nei ritocchi finali.

    Grazie per i complimenti Fulvio, i nostri complimenti con ringraziamenti estesi a tutti coloro che contribuiscono, con commenti e post, a divulgare questa passione su queste pagine.

  3. fulvio_

    Grazie per la risposta, Massimo.
    La tua opinione riguardo al mio dubbio è sostanzialmente in linea con quella espressa da Giulio T. (su dobsoniani).
    Vi ringrazio. :good:
    Da lettore assiduo di questo “spazio divulgativo”, non posso che complimentarmi.
    Il merito è soprattutto di aver organizzato i contenuti in modo “didattico”, con articoli strutturati e specifici. Ciò che richiede tempo ed energie mentali, suppongo.
    Nei vari forum bisogna andare alla ricerca dei contenuti di interesse, spesso spalmati in thread non attinenti, col rischio di perdersi.
    Per di più, non sia ha spesso cognizione del grado di preparazione di colui che esprime un determinato parere.
    Qui invece, gli articoli sono redatti da pochi utenti, e con cognizione di causa.
    Aggiungo che le informazioni che si possono qui ottenere, non attengono semplicemente alla realizzazione dell’ottica in se, ma anche a questioni fondamentali di ottica astronomica. Cosa che personalmente apprezzo tantissimo.
    Direi che siete (dovreste essere) un punto di riferimento. Soprattutto per chi non mastica le lingue, visto che poi in inglese di materiale se ne trova (anche se non credo così ben realizzato e organizzato).
    Spiace solo che l’argomento sia “di nicchia”, e che la maggior parte dei lettori (come me) non riesca a dare un contributo fattivo. Se non ottenere utili informazioni (che resteranno) dalle domande fatte a voi pochi utenti esperti.
    Dispiace inoltre, leggere di alcuni progetti realizzativi (specchi dobson) iniziati e mai portati a termine. Temo che l’entusiasmo iniziale non accompagnato da uno studio della materia e della conoscenza dei propri limiti (magari anche solo caratteriali) conduca gioco forza all’insuccesso.
    PS. Sono molto curioso di vedere come evolverà la tendenza (che tu stesso stai sondando) mirata a piccoli spessori e corte focali! Trovo alcune perplessità espresse in altri contesti razionalmente valide. Ma penso anche che se il mercato d’oltre oceano sta virando in quella direzione, con fior fiori di autocostruttori che si cimentano nella realizzazione, allora sia il caso di prenderne atto e “provare” senza preconcetti.

  4. fulvio_

    Ritorno su questo articolo riguardante l’utilizzo del sub diametro.
    Leggendo un’altra discussione (riguardante un report costruttivo), mi è venuto un dubbio che vorrei chiarirmi.
    Lo faccio nella presente sessione, non volendo alterare quella discussione ne disperdere l’informazione.

    Voi esperti “grattavetro” ci dite che l’utilizzo del sub diametro genera errori zonali.
    Ciò che non comprendo, però, quale delle due è vera:

    1. Gli errori zonali derivano da un utilizzo “non corretto” del sub diametro. Posso ipotizzare, ad esempio, che le corse con un pieno diametro siano più semplici da realizzare nel modo “corretto”.
    Si tratterebbe, quindi, di affinare la TECNICA (mi si lasci passare il termine). Un “grattavetri” molto esperto potrebbe realizzare con l’utilizzo alternato del pieno diametro e del sub diametro un vetro “diffraction limited” al primo colpo (o comunque agevolmente). Certo non mi riferisco a focali sotto f/4 e per diametri ordinari.

    2. L’errore zonale è intrinseco nell’utilizzo del sub diametro.
    Non lo si può evitare perchè si lavora lo specchio a “zone”. Si tratta di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, valutare l’errore e correggerlo. Questa è l’arte del “grattavetri” esperto.

    Una considerazione.
    Sto leggendo con interesse molti articoli e discussioni di questo “forum”, e mi capita di avere dei dubbi (magari sciocchi) e chiedere.
    Ebbene, spero che la mia richiesta di chiarimenti non venga mal giudicata.
    Come si suol dire, chiedere è lecito e rispondere è cortesia.
    Le mie domande vengono poste sempre con rispetto ed educazione e senza alcuna pretesa di ottenere risposta!
    Con questo spirito continuerò a esprimere le mie osservazioni.

  5. Massimo Marconi

    Massimo Marconi

    Si hai ragione Fulvio, le due affermazioni sembrano contraddittorie ma in realtà non lo sono. Perciò proverò a definire meglio la risposta, anche se si tratta di una di quelle cose che è più semplice da sperimentare che da teorizzare, partendo da una considerazione:

    Un errore zonale può essere definito solo rispetto ad una determinata figura geometrica di riferimento.

    Dire errore zonale senza dire rispetto a cosa non ha ovviamente senso. Ad esempio, Rispetto ad una sfera, qualsiasi settore che ha un raggio di curvatura diverso dagli altri e quindi dalla sfera di riferimento, rappresenta un errore zonale.
    Allo stesso modo, una specchio parabolico “perfetto”, può essere considerato tale solo rispetto ad una determinata parabola di riferimento e risulterà’ difettoso rispetto ad ogni altra parabola o alla stessa sfera.
    Quindi per costruire uno specchio parabolico partendo da uno specchio sferico dovremo generare una deformazione , una serie di errori zonali ( rispetto alla sfera di partenza ) andando a diminuire i raggi di curvatura nella zona centrale ed aumentandoli al bordo, fino ad arrivare alla parabola di riferimento . Andiamo a vedere come:

    Il sub diametro , durante le corse, agisce solo su di una porzione di superficie, perciò qualunque attività si possa immaginare da fare con questo utensile, avrà come risultato una deformazione maggiore nelle zone più raggiunte dalla lavorazione, rispetto a quelle meno raggiunte.
    In pratica, ogni sessione di lavoro con il sub-diametro, consiste nel generare un errore zonale rispetto alla figura di partenza . Le tecniche ci suggeriscono come utilizzare il sub-diametro per avere delle deformazioni “controllate” e cioè, sappiamo a priori in che modo dobbiamo lavorare per ottenere un aumento o una diminuzione del raggio di curvatura in una certa zona piuttosto che in un’altra .
    In questo senso si può dire che l’errore zonale è intrinseco e necessario nella lavorazione con il sub-diametro.

    Fin qui è abbastanza semplice , le cose si complicano quando per alcuni motivi tra cui:

    1-esecuzione non corretta della tecnica ( velocità, traiettorie, zone di applicazione, asimmetrie di lavorazione ecc… )
    2-adattamento non ottimale patina/specchio
    3-sbalzi termici nell’ambiente
    4 eccessiva o insufficiente pressione sull’utensile
    5 tutto quello che non avresti mai pensato potesse succedere proprio a te in quel giorno ed a quell’ora.

    Il risultato al termine della sessione non è quello che avevamo preventivato. Ci ritroveremo sempre ad aver generato un errore zonale, solo che è diverso da quello che volevamo generare e quindi da correggere.

    In questo senso possiamo anche dire che gli errori zonali ( rispetto a quello che volevamo fare ) derivano da un utilizzo non corretto del sub-diametro .

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