by: Giulio Tiberini
Lo spettro della radiazione elettromagnetica visibile, con le lunghezze d’onda espresse in nanometri (milionesimi di millimetro)
La realizzazione di uno specchio parabolico per telescopio è effettivamente un’attività in cui l’unità di misura più importante e determinante per la qualità dello strumento e delle sue prestazioni, è il nanometro, cioè il milionesimo di millimetro, equivalente al miliardesimo di metro.
Nel “grattare il vetro” il numero di riferimento più importante in assoluto è 0.00000006875 m, cioè “per gli amici” 68.75 nanometri.
Tale è l’entità del “massimo errore tollerabile”, cioè la “tolleranza di lavorazione” che può presentare la superficie riflettente di uno specchio parabolico affinchè questo possa venire considerato “appena” buono, esprimendo il massimo scostamento ammissibile rispetto ai valori della precisa teorica parabola presa come riferimento per la lavorazione.
Ma perché 68.75, e non un altro numero?
La ragione è data dalla combinazione di due fenomeni legati al comportamento dell’occhio umano, e alla riflessione di uno specchio:
LE DUE COMPONENTI RESPONSABILI:
1) L’occhio umano, che ha la sua maggiore sensibilità nella percezione della luce di colore giallo-verde presente nello spettro elettromagnetico della luce bianca, la quale come è noto contiene la radiazione di tutti i colori visibili “dell’arcobaleno”, dal rosso al violetto (vedi immagine più sopra).
Tale luce giallo-verde ha una lunghezza d’onda di 550 nanometri (0,55 micron).
2) La riflessione che si ha per il fronte d’onda della luce proveniente dall’oggetto osservato col telescopio, Il quale fronte dapprima incide nello specchio: E se in quel punto della superficie lo specchio presentasse una imperfezione rispetto alla parabola di riferimento, questa modificherebbe il fronte d’onda incidente deteriorandolo di un valore pari alla imperfezione incontrata.
La stessa onda viene quindi immediatamente riflessa, e nel suo passare nuovamente su quella stessa imperfezione già incontrata “all’andata”, essa verrebbe ulteriormente danneggiata, per la seconda volta, raddoppiando la quantità dell’errore acquisto in precedenza.
Quindi: Un errore sul vetro crea un errore di doppia ampiezza sulla visione al telescopio riflettore.
La combinazione delle due componenti comporta che:
Siccome un errore sull’onda riflessa pari a un quarto della lunghezza d’onda giallo-verde, (137.5 nanometri) risulta visibile nell’uso dello strumento…ma ancora accettabile; E siccome abbiamo visto che l’errore raddoppia nel corso della riflessione: Ecco che occorre che la superficie dello specchio sia doppiamente precisa, cioè almeno all’ottavo d’onda (68.75 nanometri), perché nell’uso pratico, raddoppiando tale valore si otterranno i famosi 137.5 nanometri del quarto di Lambda (1/8+1/8=1/4, ovvero 68.75+68.75= 137.5 nanometri) che fanno percepire all’occhio dell’osservatore l’errore presente, ma di valore limite per l’accettabilità della qualità dell’ottica riflettente.
Quei 68.75 nanometri di precisione nella lavorazione sono un valore piccolissimo, ma ben rilevabile con il semplice test di Foucault; e pure perfettamente raggiungibile e migliorabile, specie nella lavorazione fatta a mano.
NOTA: La domanda sensata e curiosa che farebbe nascere l’affermazione che l’errore di che si tratta “è visibile ma ancora accettabile” è: Ma cosa vede l’occhio in un telescopio con un tale errore accettabile?
E la risposta tira in ballo il comportamento ondulatorio della luce fa si che, fino ad un errore della superficie riflettente di un quarto della lunghezza d’onda (lambda/4), una sorgente puntiforme (come una stella), vista ad elevato ingrandimento con uno strumento ottico, NON si vedrà come un semplice puntino luminoso ma si percepirà di essa una figura di diffrazione (vedi figura seguente sul lato sinistro) formata da un punto centrale contenente l’84% della luce, contornato da un anello scuro ed un primo anello chiaro più esterno contenente il 7% , poi da un ulteriore anello scuro ed un secondo anello chiaro ancora più esterno contenente solo il 3% , e così via con altri anelli sempre meno evidenti.
Per fare un esempio indicativo, un errore di mezza onda (lambda/2, pari a lambda/4 sul vetro) portato da un onda luminosa riflessa, trasferisce una sensibile parte dell’ 84% della luce contenuta nel puntino centrale della tacca di diffrazione, al primo anello luminoso esterno che aumenta così la sua illuminazione, Col risultato che vista al telescopio, l’immagine invece di essere puntiforme, si percepirà allargata in una macchia più ampia, che si estende quasi ad unire il punto centrale con il primo anello luminoso (vedi figura quì sopra, sul lato destro) . Ed è questo allargamento che dimostra chiaramente una sicura perdita di contrasto, cioè la cancellazione dei finissimi dettagli degli oggetti, che sarebbero stati visibili ad elevato ingrandimento, in un’ottica più accurata.
Chiusa la NOTA.
L’UOMO E LA MACCHINA
L’affermazione seguente sembrerebbe un controsenso nella nostra epoca di diffusa e sofisticata automazione. Ma per poter realizzare a macchina, una tale precisione occorre inventare quest’ultima “disordinata” nella sua ripetitività, com’è disordinato l’uomo nella sua azione manuale.
Ciò è curioso ma deriva dal fatto che la realizzazione di uno specchio parabolico, ad esempio diametro 300mm, è il frutto di circa centomila “passate avanti – indietro” (..Strokes per gli americani) di lavorazione per abrasione del vetro; Ciascuna delle quali asportante una parte infinitesima di materiale.
Una lavorazione così lunga in termini di tempo e poco incisiva nell’asportazione unitaria di lavoro, è più governata dalla statistica che non dalla precisione della singola “passata” lavorativa.
L’astrofilo che si affaccia all’autocostruzione, in prima battuta è sicuramente impressionato dalla mole di lavoro manuale per la realizzazione di uno specchio, non realizzando immediatamente che quelle impressionanti “centomila” passate (strokes) avanti indietro manuali, corrispondono poi solamente più o meno a 28 ore di effettivo lavoro manuale, (ovvero un’ora la giorno per meno di un mese).
Egli è quindi immediatamente ed erroneamente tentato di orientarsi verso la realizzazione di una semplice macchina per abbreviare un lavoro solo all’apparenza semplice.
Ma in tal caso sottovaluta che uno specchio parabolico non è un semplice frullato di verdure; E la macchina che produce uno specchio non è un frullatore, dove chiunque, basta che prema un pulsante, e il frullatore “fa tutto da sè”.
Non è infatti tecnicamente possibile costruire o utilizzare una macchina per portare a termine la complessa lavorazione di uno specchio di qualità decente, senza in precedenza aver percorso e conosciuto molto bene le modalità di esecuzione di quel lavoro in modo manuale, corredato dalle sue immancabili e numerose correzioni da applicare per rientrare in quella ristrettissima tolleranza di cui quì si sta parlando.
Infatti la statistica elide gli errori di segno opposto commessi dall’uomo che in modo del tutto naturale, nella lavorazione, agendo secondo semplici regole, si mantiene “più o meno” intorno a parametri empirici ma risolutivi, perchè COLLAUDATI DA BEN DUE SECOLI di lavorazioni manuali.
Mentre una macchina amatoriale non sofisticata nè professionale, che esegua migliaia di passate “meccanicamente” precise e tutte uguali, (cioè NON in grado di imitare l’operato entro certi limiti “random”, proprio della lavorazione a mano) moltiplicherebbe per numero gli errori in zone diverse dello specchio aumentando notevolmente la gravità di taluni. Dove invece il lavoro manuale avrebbe facilmente eliso gli uni e gli altri.
Va da sè che una semplice macchina amatoriale può invece aiutare notevolmente nella fase parziale di sbozzatura iniziale di uno specchio, che poi verrà corretto e terminato a mano…. come solo a mano si può fare al meglio.
fulvio_
Giulio Tiberini
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massimar
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Giulio Tiberini
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