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Si continua a scavare con patina di pece ed ossido di cerio, le corse a “W” generano una buona forma parabolica, ma sono poco indicate per raggiungere la profondità “velocemente” mentre le corse tangenziali lungo una circonferenza scavano velocemente, ma il mantenimento della forma è difficoltoso e vanno intervallate con corse a “W” per raccordare le zone.
Così, ho pensato e trovato una alternativa che è in grado di generare profondità in modo veloce e nello stesso tempo generare una forma parabolica.
Le ho chiamate “corse a Y”
Nello schema che segue è rappresentato il setup e l’esecuzione della tecnica per un sub-diametro al 33% ( quello che sto usando )Non bisogna far altro che immaginare di eseguire corse rettilinee centro su centro mentre lo specchio si muove su di un piano rotante.
Se non si ha a disposizione un piano rotante, si eseguono le corse rettilinee ( non rispetto allo specchio ma rispetto a se stessi ) mentre ci si muove abbastanza velocemente intorno al tavolo.
Con una differenza importante: la pressione non va applicata al centro dell’utensile ma va decentrata di almeno 1/3 del diametro.Questo aspetto è importante, perchè le corse COC con sub-diametro, generano una forma sferica nell’area dello specchio che ha la stessa estensione dell’utensile, ed anche se scavano maggiormente al centro specchio, la forma risultante sarà abbastanza lontana dalla parabola.
le corse decentrate invece permettono di creare una asimmetria di lavorazione nella quale il centro , ad ogni corsa, è sempre interessato dallo scavo mentre le restanti zone subiscono una azione di scavo minore in funzione della distanza dal centro.
– l’offset deve essere piccolo ma non nullo o, peggio ancora, “negativo” ( altrimenti si creano degli “scalini” nella zona mediana.
– il movimento intorno al tavolo deve essere abbastanza veloce ( ma non troppo ), la “Y” cioè, non deve essere ne troppo “stretta” ne troppo “larga”.Di seguito, le immagini dopo alcune sessioni con questa tecnica senza eseguire altre corse di raccordo.
Con poche sessioni ( mattina + parte del pomeriggio ) è stata scavato al centro il 10% della profondità necessaria. Infatti ora la conica ha raggiunto una costante di K=-0.2, mentre prima di questa lavorazione era arrivata ( a fatica e con difficoltà per il mantenimento della forma ) a K=-0.1– lo “scalino” che si vede nella zona mediana è ora quasi assorbito, ma all’inizio si era generato proprio perchè avevo eseguito le corse a Y senza toccare il bordo specchio e quindi la zona mediana è rimasta un po’ più alta del dovuto, come si può vedere confrontando le immagini con la simulazione del Ronchi per K=-0.2.
Capisco la difficoltà.
Non so se conosci già quel che segue, nel caso in parabolizzazione potesse esserti d’aiuto…visto che da sempre tu “qel che tocchi migliori”, sempre riuscendo a girare in tuo favore il risultato .
Giulio, Ti ringrazio della fiducia, ma non credo sia così ( magari! )…
Si, ne avevamo parlato tempo fa con te e con Mirco, sia del lavoro di Mel che dei diversi metodi di utilizzo del Ronchi con immagini di supporto… Mi ricordo che Mirco aveva proposto anche una stampa del Ronchigram da applicare sullo specchio in fase di testing.
In ogni caso, con tutto il rispetto e l’ammirazione per Bartel, resto sempre un po’ perplesso quando ci si propone di finalizzare un’ottica con il Ronchi.
per carità, il Ronchi è uno strumento formidabile e di grande aiuto, ma penso vada utilizzato per quello che è nella sua natura e cioè, fornire una visione d’insieme dell’ottica, per evidenziare irregolarità zonali, bordi ribattuti, astigmatismo e rugosità, ma non credo che si possa pretendere di misurare qualcosa con uno strumento che per definizione non fornisce misure o numeri come risultato.
Inoltre, se per specchi intorno a F6 la rilevazione dell’errore minimo è visivamente abbastanza buona ( intorno a lambda/10 ) con il diminuire del rapporto focale vanno aumentate dimensione e distanza delle linee del reticolo, perciò di conseguenza aumenta il minimo errore riscontrabile.
In un F3 con reticolo 2 linee/mm ( ammesso di avere una vista da “falco” ) è intorno a lambda/2, in un F2 è superiore al lambda.Personalmente, uso il Ronchi solamente nella costruzione della sfera e nelle fasi di approccio alla parabola, ( oltre che per gli aspetti di cui si diceva ), ma non mi sognerei mai di realizzare una parabola solamente con il Ronchi, non ne sarei in grado e non capisco come si possa riuscire a valutare una correzione espressa in frazioni d’onda con un reticolo che fornisce una approssimazione superiore alla tolleranza richiesta , con l’aggiunta della “soggettività” dell’operatore che non misura nulla ma valuta visivamente una deformazione, anche con tutti gli aiuti di maschere o immagini sovrapposte,
L’utilità del Ronchi è nella semplicità e nella velocità del test, in pratica è immediato e fornisce una ottima valutazione d’insieme e va benissimo fino al momento in cui le misure non sono necessarie.
La parabola per questo F2.2 in lavorazione cercherò di raggiungerla con Foucault , iniziando ad utilizzarlo non appena raggiungerò una costante conica ( stimata con il Ronchi, anche in modo grossolano ) di almeno K=-0,7 .
Successivamente, in prossimità di K=-1 ( con tutte le limitazioni di Foucault per specchi veloci ), utilizzerò il lungo e laborioso ma precisissimo test della caustica per arrivare l’iperbole finale, la quale si discosta poco dal paraboloide ( K=-1.12 )
L’approfondimento prosegue a piccoli passi…
Nell’immagine a sinistra, mi ero dimenticato di spegnere la luce prima di fare la foto. A destra invece, me ne sono ricordato
Per l’approfondimento sto usando solo corse tangenziali lungo le circonferenze delle zone centrali, intervallate da alcuni giri di corse a W ( anche queste centrali senza mai arrivare completamente al bordo ) per uniformare le zone lavorate.
Si Giulio, in pratica è così, diventa difficile se non impossibile fare delle valutazioni locali o zonali, il problema è proprio nei 7 centesimi di mm di differenza nei raggi di curvatura tra centro e bordo, in una superficie a f2.2… Per test sensibili ai nanometri come Ronchi e Focault sono veramente troppi da gestire.
Questa è una simulazione dello specchio in questione con un reticolo da 4L/mm, quindi già abbastanza “largo”, il quale in teoria potrebbe leggere anche il lambda/4 ( più sono larghe le linee del reticolo, maggiore è l’estensione del minimo difetto rilevabile ) .Per migliorare la lettura delle linee bisognerebbe allargare ulteriormente le linee del reticolo ed arrivare fino ad una sola linea per millimetro, ma così facendo la sensibilità del test all’errore sarebbe superiore al lambda.
Nell’immagine il test fatto con reticolo da 4-2-1 linee/mm
Grazie Giulio anche se mi hai fatto spaventare ti è sfuggito uno zero in più ! fortunatamente i nanometri da togliere sono “solo” 70.000
Comunque qualche centinaio di nanometri ( forse 1000 ) li ho sicuramente scavati e si inizia a vedere qualche timido segnale di approfondimento, perciò ne rimarranno si e no altri 69.000 , nanometro più, nanometro meno…il bello ( si fa per dire ) è che il test di Romchi potrà essere usato ancora per poco, solamente in queste prime fasi ancora prossime alla sfera. Il rapporto focale è talmente spinto che non appena la costante conica inizierà ad assumere valori inferiori a -0.3 ( o giù di li ) il test stesso diventerà pressoché illeggibile.
Grazie Mirco
Poco meno di 7 centesimi di mm ! Questo è quanto bisognerà scavare per parabolizzare lo specchio
Chi ha già grattato una parabola sa benissimo che questo “piccolo” valore rappresenta ore ed ore di lavoro con pece , ossido di cerio e olio di gomito !
Ho già iniziato l’approfondimento, non seguirò la classica ed usatissima lavorazione al 70% ( approfondimento del centro e del bordo lasciando inalterata la zona al 70% del diametro ), anche se questo comporterà uno scavo maggiore ( in una superficie più piccola però ).
Lo scavo al bordo sinceramente mi preoccupa, con questi raggi di curvatura così spinti ho visto che per ritrovarsi un bel bordo ribattuto, ( poi difficile ed impegnativo da correggere in un F2.2) può bastare anche una sola sessione in cui il debordo longitudinale dell’utensile durante le corse è maggiore di quello trasversale.
Lo scavo verrà fatto tutto al centro, il bordo verrà trattato il minimo necessario.
Non ho ancora fatto le immagini della piccola deformazione finora raggiunta, perciò pubblico quelle immediatamente precedenti, quando la sfera era ormai corretta da ogni astigmatismo anche se aveva ancora bisogno di un migliore raccordo tra le zone lavorate, come si può vedere dalle bande del Ronchi leggermente “ruvide” e non proprio rettilinee. C’è da dire anche che lo smartphone non è in generale il massimo per fare fotografie di questo genere, riescono meglio con una semplicissima webcam la quale, per quanto otticamente “scarsa” ed economica, permette una migliore gestione di esposizione e contrasto con controlli dedicati, molto meglio degli automatismi di un cellulare. A presto con le prime immagini dello specchio nel cammino verso la parabola.5 Novembre 2020 alle 0:42 in risposta a: LUCIDARE UNO SPECCHIO ULTRA FAST CON UTENSILE A LIQUIDO NON NEWTONIANO INVECE DELLA PECE? #12037Interessantissimo Giulio
Tuttavia non mi trovo del tutto d’accordo sul problema del sub-diametro, cerco di spiegarmi:
Non penso che la difficoltà sia quella dell’uniformare la superficie, cosa possibile anche con piccoli utensili, se per “uniformare” intendiamo una continuità nel cambio di curvatura tra le zone, senza cioè “salti” o cambi repentini del raggio di curvatura tra due zone contigue.Diverse tecniche di lavorazione permettono di uniformare la superficie: ad esempio corse a W molto strette generano una superficie regolare e priva di rugosità al pari di un pieno diametro.
Il problema casomai ( che poi non è un problema ma una opportunità ) è nell’eliminazione dei difetti ( zone alte, basse o asimmetrie di qualunque genere ) nel momento in cui l’estensione del difetto è superiore al diametro dell’utensile.Se ad esempio prendiamo una superficie astigmatica ( come ho avuto modo di studiare a fondo ), con diversi raggi di curvatura ( che possono essere ortogonali o asimmetrici nel valore massimo/ minimo del raggio di curvatura stesso, avremo proprio uno dei casi in cui l’estensione del difetto è superiore al diametro dell’utensile. Se lavoriamo con corse a W l’intera superficie con il pieno diametro, avremo che i raggi di curvatura min e max si uniformano in un valore intermedio,gli altri di conseguenza diventano sferici, mentre con un piccolo sub-diametro resteranno tali e quali.
Tuttavia, dopo un numero sufficiente di sessioni, avremo una superficie ancora astigmatica, ma perfettamente uniformata nel cambio di curvature lungo ogni diametro. In pratica, nel Ronchi vedremo delle linee “inclinate” verso il raggio di curvatura più corto, ma perfettamente rettilinee, se prima erano irregolari.
Il sub diametro non riuscirà ( con questa tecnica ) a modificare i singoli raggi di curvatura, ma comunque li renderà regolari “ a prova di lambda” !Non solo, Avremo una figura con raggi di curvatura multipli , regolari ( presi singolarmente ) ed anche perfettamente raccordati tra loro.
Perché succede questo ? per il semplice fatto che è nella “natura” del sub-diametro la capacità di lavorare zone con curvatura diversa. Se così non fosse non si riuscirebbe a generare una parabola o una iperbole “spinta” su focali ultra corte, dove la differenza curvatura tra centro e periferia assume valori importanti.
Se il difetto è più piccolo del diametro dell’utensile, il problema non si pone e avremo lo stesso risultato del pieno diametro: ad esempio in una piccola “buca” la patina, durante le corse, non avrà contatto nei punti più bassi ( nel fondo della buca ) restando “appoggiata” sui bordi e, a lungo andare, scaverà la restante superficie fino a raggiungere il livello più basso. A quel punto si avrà il pieno contatto tra patina e vetro ed uniformità nella figura, avendo con la lavorazione assorbito il difetto.
Se il difetto è più grande del dell’utensile ( ad esempio una parabola intesa come “sfera deformata” ) la patina del sub-diametro avrà sempre un contato all’interno della zona difettosa e, durante la lavorazione, toglierà la stessa quantità di vetro su tutta la superficie, lasciando inalterata la figura nel suo insieme. Perciò in questi casi, si dovrà ragionare in modo diverso, a volte contro-intuitivo, ed iniziare a generare un difetto contrario o identico , in alcune porzioni di superficie o lungo alcuni diametri ( intervallate da corse di regolarizzazione ) a seconda del risultato che vogliamo ottenere, ma in ogni caso il raccordo inteso come regolarità della curva, sia essa a raggio costante o variabile è, secondo me, un falso problema anzi, è esattamente la risorsa più importante del sub-diametro rispetto al pieno.
Immaginiamo per un attimo che lo scopo della lavorazione, per qualche strano motivo, fosse stato quello di generare una superficie con raggi di curvatura diversi in funzione della direzione, come ad esempio una calotta toroidale. In questo caso non avremmo parlato di difetti ma di risultato raggiunto.
Perciò se uno strumento mi permette di modellare qualunque curva indipendentemente dalla simmetria ed averne il controllo durante la lavorazione, non può avere dei limiti proprio sulla regolarità della curva stessa, perché negherebbe il principio appena detto.
Principio che è valido, perché è sperimentalmente dimostrabile che una figura astigmatica con raggi di curvatura multipli può essere mantenuta tale, modificata o regolarizzata a seconda della tecnica di lavorazione.
Certo, tutto questo in teoria… nella pratica so’ dolori !Ciao Michele, vado per ordine:
Ho riletto quasi tutto il thread ma non sono sicuro – tu h sempre lavorato fin dall’inizio con l’utensile sopra (TOT – Tool On Top) e su una cella a 9 supporti?
La cella è a 18 punti ( c’è anche la foto ) ed avendo utilizzato solo utensili sub-diametro fin dalla smerigliatura, lo specchio è rimasto posizionato sempre sulla sua cella, perciò si…
Hai trattato in qualche maniera la parte posteriore del menisco? TIeni appoggiato lo specchio sempre negli stessi punti?
La parte posteriore è stata smerigliata con la grana 600 , solo per evitare possibili riflessi indesiderati durante i test.
No, il posizionamento è “random”, dopo aver movimentato lo specchio lo riposiziono sulla cella secondo il consolidato metodo “a casaccio” , scherzi a parte, non credo abbia qualche utilità mantenere lo specchio esattamente nella stessa posizione sul supporto, anzi… )Ultima domanda: hai sempre utilizzato un utensile -di piastrelline(?)- al 50%?
Se parli di piastrelline deduco che ti riferisci alla sbozzatura/smerigliatura… Ho sempre utilizzato vetro su vetro, non ho esperienza diretta con altri materiali per l’utensile, mi trovo bene con il vetro sia con il pieno diametro che, come in questo caso, per un utensile al 50%.
bene, avanti cosi ! 👍 Però c’è troppa luminososita , si vede l’andamento delle bande ma si perdono alcune informazioni come la rugosità, lo stato del bordo e piccoli difetti zonali, va diminuita fino a vedere bene e con un buon contrasto il passaggio luce-ombra sulle bande, che ora si intravede nella fascia celeste chiaro.
È chiaro che un f3.2 Newton andrà utilizzato con un riduttore di coma, anche uno specchio “perfetto” con quella focale possiede un campo corretto piccolissimo.
Giulio, perché dici che con la lavorazione manuale non si può raggiungere uno Strehl elevato ?Giulio, Mirco grazie, troppo buoni
In realtà credo che metodo e comprensione di tanti aspetti della lavorazione siano da approfondire e migliorare, mi sento ancora lontano da uno “standard” efficace e affidabile per quello che riguarda prevenzione e correzione di tutte le anomalie, degli imprevisti che si verificano lungo il percorso che porta ad un ottica finita, specialmente quando si esce dal territorio sicuro di uno specchio “classico” del fai-da-te, con la sua collaudata forma spessore e diametro. Spesso l’azione è legata all’intuizione del momento o alla scelta di migliore probabilità piuttosto che alla consapevolezza e certezza del risultato.Più vado avanti con queste improbabili lavorazioni da disadattato sociale e più mi sembra di aver “scoperto” solo la punta dell’iceberg… ed anche se in questo campo non ci si inventa niente, tutto è stato già visto e scritto, il trasferimento nozione-applicazione non è così immediato, teoria e procedure vanno adattate e personalizzate al caso specifico e si genera un percorso ricco di possibili varianti, che sembrano prometterti di portarti a destinazione in modo più comodo e veloce, fino a che non ti imbatti in altre anomalie di cui non supponevi nemmeno l’esistenza.
Un esempio su tutti: non so se dipenda dalla forma del menisco, dal rapporto focale spinto, dallo spessore, dal supporto o da me stesso, sta di fatto che tecniche uguali con sub-diametro hanno efficacia diversa se fatte al bordo, al centro o nella zona media. In pratica viene meno il principio che mi ha accompagnato fin qui… Alla fine basta tenerne conto ( fortunatamente si verifica in modo costante e progressivo dal centro a bordo ) e tutto torna come prima, ma è esattamente quello che non ti aspetti possa succedere.
Per fortuna me ne sono accorto in questa fase, il non saperlo durante la parabolizzazione avrebbe portato ad una lunga serie di correzioni dal risultato inaspettato.
Perciò per non farmi mancare niente, ho iniziato anche un altro specchio di cui scriverò in un’altra discussione dedicata e un po’ “nostalgica”
Luca, tieni presente che io sto lavorando con sub’diametro al 30%, mentre tu con il pieno, è normale che le tempistiche siano diverse.
In ogni caso, 1 ora senza bisogno di aggiungere altro cerio mi sembra un po’ troppo…
A lungo andare i grani di abrasivo smussano i propri bordi durante le corse sul vetro. E se dapprima sono affilati e taglienti poi diventano arrotondati, perdendo efficaca e facendo una azione di cuscinetto tra i due materiali. Quando senti che l’utensile scivola via senza sforzo, quando durante le corse non viene più prodotta schiuma, quando non senti più il rumore dello strisciamento allora è il momento di sostituire il cerio perché a quel punto, continuare la lavorazuone non porta nessun ulteriore risultato.Ciao Luca, figurati, sei il benvenuto!
20 minuti per ognuna delle ultime sessioni di cui parlavo, ( con qualche spruzzatina di acqua ogni 5 min) che poi è il tempo limitite oltre il quale il cerio perde completamente efficacia abrasiva, o perlomeno a me succede così…
A quel punto per continuare sulla stessa sessione, mi occorre un’altra “ricarica” ci ossido di cerio.
Raramente, se non negli ultimi ritocchi finali, quando ci sono da togliere solo qualche impercettibile nanometro di vetro, ho fatto sessioni piu’ brevi.Grazie Giulio, soprattutto per avermi indicato ( come sempre ) la strategia giusta
In effetti correggere un astigmatismo non è per niente facile, i settori vanno lavorati indipendentemente e a lungo, senza toccare il centro specchio ed è perciò poco probabile eseguire una lavorazione perfettamente simmetrica…
Queste le immagini di ieri sera, questa volta fatte con il tester “classico”:
si vede come il bordo sul quadrante sud-ovest ( il settore oggetto di correzione insieme al nord-est ) sia ancora alto ma non solo, il corrispondente bordo sul versante opposto è alto anche lui ma leggermente di meno, sintomo di una lavorazione non simmetrica.perciò a questo punto, non credo sia conveniente insistere nella correzione a zone ma, data la lieve entità del difetto, sia preferibile lavorare ad uniformare la figura con i metodi classici, per evitare il sorgere di altri difetti locali, cosa probabilissima lavorando con un sub-diametro in piccole porzioni di superficie.
Quindi ho fatto alcune sessioni ( un paio ) come se dovessi trattare un bordo rialzato su tutta la superficie, con corse un po’ più lunghe e con più debordo.
Ed anche se questo potrà allontanarmi momentaneamente dalla sfera, permetterà di arrivare comunque ad una figura simmetrica, in quanto tutta la superficie viene lavorata in modo uguale, anche se con sub-diametro.
Nel video che segue ( fatto poco fa ) si vede bene l’entità residua del difetto sul bordo sud-ovest nel momento in cui sono visibili solo tre bande.
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