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Secondo me i problemi che incontri sono in gran parte legati all’uso della temperatura non uniforme nella lavorazione:
Altre cose da ricordare sono l’adattamento dell’utensile può ben essere fatto anche a tiepido per velocizzare un poco l’acquisizione della forma dello specchio, ma poi in lavorazione dovrà solo essere l’attrito a uniformare la temperatura di tutto quel che usi.
Occorre inoltre sempre tagliare via le sporgenze della pece dal disco dell’utensile. Certe rigature anutensile e specchio vengono dalle loro briciole incontrollate.
Non bisogna poi pesare con le mani sull’utensile altrimenti lo schiacciamento produce una precoce occlusione dei canali, ed anche sporgenza di quadrotti oltre la circonferenza utensile.
un utensile deve durare fino alla fine della parabolizzazione, perchè rifarlo cambia il modo di lavorare, quando le tolleranze finali sono diventate di pochi milionesimi di mmUna pece giudicabile empiricamente giusta, rilascia il profumo di conifera dopo circa mezz’ora di lavoro, e richiede la riapertura delle scalanalature con la punta di un saldatore a stagno, solo dopo diverse ore di lavoro.
Sull’acqua calda in lucidatura occorre tenere presente che un suo uso localizzato solleva le molecole di vetro. Ed è quello che rende l’utensile scorrevole senza attrito, visto che si troverebbe a poggiare solo su una frazione della superficie (lo fa notare anche John Dobson nel suo filmato).
L’acqua calda quindi può essere un espediente utile per abradere di più nella zona “scaldata”, ma alla lunga è pericolsa perchè cambia artificiosamente la forma dello specchio con temperature diverse, anche se ovviamente di pochissimo per la scarsa asportazione che produce l’ossido usato, ma le tolleranze sono dello stesso ordine di grandezza.
In lucidatura a mano è consigliato usare l’ossido di cerio non aggiungere la polvere perchè se ne infroduce una quantità in modo assolutamente irregolare, cambiando la superficie di contatto e rovinando in un sol colpo l’adattamento.
E’ meglio spennellarlo allo stato cremoso, di tanto in tanto sull’utensile o sullo specchio, diluito in un contenitore col rapporto di un cucchiaio da cucina raso di ossido, con due o al massimo tre cucchiai d’acqua.
In teoria sarebbe quasi inutile aggiungere ossido di cerio durante la lavorazione, perchè quello che lavora è solo quello che ci sta incrostato sulla superficie dei quadretti di pece. Il resto viene perso per dilavamento senza lavorare.“Tirando” a lungo una seccata confidando nel normale attrito, si arriva ad avere molta resistenza al movimento, profumo di conifera e fischi, che indicano essere giunto il momento di evitare di indurre inavvertita pressione sull’utensile. Si separano quindi i dischi, si puliscono con un colpo di spugna le superfici, si pennella l’ossido, e si riparte con una nuova seccata.
Questo è quello che ricordo essere più determinante nell’andamento del lavoro di lucidatura.
Quanto al gesso per l’utensile, l’amico quì iscritto Andrea “Beta Capricorni”, che ha molta esperienza in materia, mi suggeriva in questo stesso Forum (ma non sono riuscito a trovare la discussione, perchè non so come fare la ricerca) di non usare gessi molto duri da colare direttamente sullo spoecchio, perchè raggiungono una temperatura di indurimento proporzionalmente elevata alla durezza finale, che quindi supera di ben qualche decina i 100 gradi, con pericolo di rottura dello specchio.
Esiste invece un tipo di gesso adatto ad una certa applicazione odontotecnica specifica (…che si trova in quella discussione che vorrei ritrovare) che è ben più duro rispetto al gesso normale, ma ha una temperatura di indurimento inferiore ai 100 gradi.
(SE riusciste a trovare quel post, vi ringrazio se me lo suggerirete)
GiulioIo al tornio so solo sfacciare e tagliare dei pezzi!! Ma in officina avevo comprato (primi anni ’80) una slitta bi asse CNC Duplomatic “Alfa qualcosa”, che montammo sul retro di un normale tornio cecoslovacco CU300. E in quel caso fui io ad imparare la programmazione in linguaggio “G” per far fare i primi pezzi al tornitore di manutenzione dei rulli di laminazione tubi d’acciaio.
Ricordo di aver scritto e realizzato per curiosiyà anche una parabola sulla facciata anteriore di un pezzo d0acciaio diametro 300mm, in modo addirittura “parametrico”, che sinificava che ad ogni passo di 0.01mm (in quel caso), la CPU calcolava da sola il nuovo punto di arrivo dell’ennesimo comando sequenziale G1 concatenato in una passata, secondo la formua della progressione parabolica y=ax^2 (mi pare), reiterando le passate successive in avanzamento progressivo di qualche decimo del punto centrale di inizio.
Al tatto con l’unghia si sentiva la zigrinatura, ma l’aspetto era bello…. ed oggi sarebbe stato buono per afflosciargli sopra una lastra di vetro per ricavare un blank a menisco.
Bei ricordi.Bel lavoro Massimo!
Ottimo il sistema di verifica survatura e astigmatismo alla John Dobson!!Grazie Massimo!
Leggerò con piacere. (Aanche se io nella meccanica prigettuale costruttiva Newtoniana in cui mi sporgo, sono molto “Spannometrico”).Benvenuto Massimo. Vedo che sei un provetto autocostruttore. Veramente complimenti per la rocciosa meccanica della tua compatta realizzazione.
(Il materiale di colore tanto giallo che hai usato per la trasmissione del moto alle ruote metalliche, è Vulkollan? Lo hai ricavato per tornitura da barra, oppure è realizzato per colata ad opportuna durezza Shore?).
Un bellissimo lavoro anche la casetta di custodia.
GiulioCiao geminimac.
Le tue domande che leggo sono un classico dei dubbi di chi si accinge alla lucidatura.Ti consiglio di leggere l’articolo tutorial che in questo sito contiene le relative risposte
Questo perchè per risponderti quì in modo completo, dovrei riportarne interamente il contenuto, a cominciare dalla diluizione dell’ossido di Cerio.
A proposito invece delle scanalature dell’utensile; Non preoccuparti della loro forma. Quel che conta è la superficie di contatto.
Leggerai anche di questo, quando si scheggia un quadretto.
Le scanalature dovrai sempre ripristinarle senza problemi, per esempio nel tuo caso con un saldatore da stagno.
Questo perchè quando lo scioglimento dei quedretti di pece li salda fra loro alla base (oppure quando l’utensile è realizzato per fusione della pece in unica superficie, ricavando le scanalature per impressione con una rete plastica) se si usasse un coltello e un battente per far saltare la pece (come si fa usualmente sui quadretti singoli) siccome la pece salta con estrema facilità, si correrebbe il rischio di rompere molti quadretti adiacenti rovinando l’utensile in modo troppo esteso.
E per il buon fine del lavoro senza astigmatismo, è sempre sconsigliato dover rifare l’utensile in corso d’opera, a cominciare dall’indovinare la durezza della pece tale da non essere troppo dura (e creare errori di zona per la sua troppa indeformabilità); o viceversa troppo molle per afflosciarsi assottigliandosi troppo velocemente.
La normalità è poter arrivare alla fine della parabolizzazione con uno spessore minimo dei quadretti di 2 o 3mm, che favorisce la miglior forma della superficie, quando in quel frangente ci si trova ad aver a che fare con i pochissimi nanometri che fanno la differenza della qualità ottica.Nozioni che ho letto, utilizzato e ricordato anche negli articoli che precedono quello indicato.
Ciao. Buon lavoro
Ciao Geminimac
Comprendo le tue qualità di perseveranza nella fervida inventiva, che vedo anche confermata, oltre che dal modo di grattare con carta abrasiva anzichè correttamente con polvere abrasiva (creando astigmatismo multifocale e solchi impossibili da eliminare, invece dei più facili crateri puntiformi lasciati dalla polvere), anche dal tipo, forma e caratteristiche inusuali della troppo piccola quadrettatura; troppo poca profondità dei solchi impossibile da mantenere aperti in lavorazione; troppo piccola asimmetria della quadrettatura dell’utensile in pece che hai realizzato.Le tue sono qualità preziose che potresti utilizzare con profitto per inventare altre vie nuove, solamente prendendo come guida la completa conoscenza dei motivi che regolamentano la “strada vecchia” di realizzazione ottimale di specchi per telescopi. Strada super-collaudata da oltre un secolo di storia astrofila, in cui la tecnologia è rimasta e rimane ancora oggi quella manuale.
Solo con la conoscenza ed il rispetto dei molti motivi che determinano quei “paletti”idispensabili, potresti affrontare l’azzardo di nuovi esperimenti potenzialmente migliorativi.
Detto questo, non potendoti consigliare diversamente senza citare interi capitoli di nozioni che fanno parte di quella vecchia strada, il mio consiglio è di scaricarti i 5 capitoli fondamentali: due per il “grattamento del vetro” (capitoli 2 – 2bis); e tre per il progetto di un telescopio Cassegrain Coudè (capitoli 6 – 7 – 8) con misure scalabili a qualsiasi diametro, perchè proporzionali al diametro dello specchio primario.
Sono capitoli fondamentali, con illustrazioni del libro di Jean Texereau, scaricabili gratuitamente da questo sito: http://www.astrosurf.com/texereau/
Capitoli che se non conosci il francese, potresti tradurre in italiano usando “Google Traduttore”, scegliendo la lingua origine francese, da tradurre in quella italiana, e poi cliccando su “Documento”, in modo da indicare uno per volta i capitoli PDF scaricati in francese.
Lanciando la traduzione avrai a video il testo tradotto che potrai salvare e stampare, guardando però le moltissime figure sul PDF originale.
Bel lavoro nella cella Massimo!
La grana 80 fa strada in fretta, e la lavorazione nella robusta cella è la soluzione che viene in mente per prima.Quando al menisco, mi sento di affermare che in meccanica qualsiasi disco di qualsiasi materiale stampato o afflosciato a “scodella” mentenendo lo stesso spessore uniforme originale, si irrigidisce.
C’è sempre tempo a far esperimenti sul supporto.
Esperimenti che vedrei bene solo per verificare se fatto con materiale di massa inifinitesima e uguale coefficiente di dilatazione, possa dimostrarsi in qualche modo equivalente alla cella meccanica di più tecnologica costruzione. E quindi verificare se la sua costruzione non sia “difficile”, secondo la “mission” e il pensiero di John Dobson teso ad unire la semplicità con la funzionalità, e quindi sia estendibile a queste ottiche difficili.Ciao ragazzi
La soluzione di realizzare specchi riflettenti con un menisco di vetro di spessore commerciale 20mm, per suo rammollimento e afflosciamento su una superficie curva, risolve il problema del grande scavo che sarebbe necessario effettuare nel vetro. Ma poi sul menisco occorrerà lavorare di lucidatura e parabolizzazione, e quindi servirà un supporto in grado di portare in piano la superficie posteriore curva del menisco, possibilmente, se unito al vetro dello specchio, che sia senza indurre in esso delle costrizioni che generino deformazioni superiori ai 68,75 nanometri, date da diverso coefficiente di dilatazione termica.Io mi ritrovo abituato alla pratica del brain storming, e leggo da tempo dell’isolante edilizio Foamglass, seppure in riferimento ad utilizzazioni lontane da quelle ottiche…perchè per esperienza diretta, poprio in settori lontani ho spesso trovato le soluzioni di problemi vicini.
Avevo visto su filmati di Youtube che la struttura ad alveoli chiusi del Foamglass, lo rende tagliabile a mano libera con un segaccio da legno, e quindi immagino che non possa essere difficilissimo da lavorare per realizzare lo scavo concavo di supporto per un menisco (… con classica abrasione, o fresatura, o altro).
La validità meccanica-termica del supporto per la lavorazione di parabolizzazione (o come faccia posteriore abbinata allo specchio) mi parrebbe ottima per leggerezza, robustezza, assenza di elasticità, e dilatazione termica uguale a quella del vetro.
Il peso specifico del Foamglass è 100kg al metro cubo, cioè 26 volte meno del vetro normale che è di 2600kg al metro cubo.Penso anche che uno dei problemi potrebbe esere il tipo di “collante” per unire il menisco al supporto posteriore di base, in modo probabilmente rispettoso delle tolleranze ottiche.
E quì troverei interessante provare con la solita pece, che è da sempre una interfaccia meccanica per lavorazioni ottiche di lenti, con essa fissate sui supporti delle macchine di figurazione/lucidatura.
La pece è un genitore delle fibre di carbonio contenuto in grande quantità, e perciò ha pure bassissima dilatazione; e come il vetro è ritenibile un “liquido” solido a temperatura ambiente (è istruttivo il noto esperimento seguente della sua “lentissima velocità” di scorrimento causato dalla semplice gravità https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_…_goccia_di_pece)D’altronde ci sono in giro doppietti funzionanti incollati con la pece da secoli, che se condizionata fra due superfici, per capillarità mantiene quasi in eterno le sue caratteristiche di cuscinetto non coercitivo.
La realizzazione sarà interessante e non certo facile. Ma al di la delle mie chiacchiere, secondo me (non trattandosi di una commessa, ma di una sperimentazione) converrà prendere le strade più semplici che ci verranno in mente strada facendo..come realizzare il supporto in gesso ad esempio, perchè c’è sempre tempo a correggere gli errori man mano che si presentano, senza “fasciarci la testa prima di averla rotta”.
Grazie Frank_q.
Una voce autorevole per propria sperimentazione come la tua, in un campo tecnologico d’avanguardia come la stampa 3d, riguardante un suggerimento critico sulla la tecnologia poco conosciuta che coinvolge i comportamenti post stampa dei materiali relativi ai fili di fusione utilizzabili, è sempre desiderata e gradita!!Non essere depresso per “non essere originale”.
Per esperienza professionale di progettazioni meccaniche necessitanti un intenso “brain storming” fra più tecnici addetti ai lavori, mi sento di rincuorarti a non sentirti depresso per non essere stato originale, perchè al mondo, pure a nostra insaputa, tutto è già stato inventato da altri, almeno nel principio funzionale; e tutt’al più solo la tecnologia moderna, sconosciuta un tempo, può cambiare qualcosa in meglio.
Spesso una soluzione apparentemente originale, non risulta più tale approfondendone lo studio o scoprendo che esiste già in qualche tipo di utilizzo tecnico. Se invece anche un indesiderato movimento di micron diventa registrabile e deleterio..allora i problemi e i costi salgono vertiginosamente.Detto questo, se ci sono, conviene cercare dei compromessi praticabili, ad esempio, se non consiste in una limitazione il poter non invertire il moto, è più facile ottenere assenza di back-lash potendo pre caricare in moto inverso un asse (anche solo col peso del tubo del telescopio ad esempio) risparmiando in complicazione costruttiva.
Una attività piacevolmente bella è sicuramente la progettazione in sè stessa, specie se non si hanno scadenze di tempo.
Ciao ConCalmaFaccio.
facendo mente locale sul tipo di telescopio Newton che vorresti costruire per utilizzarlo anche in astrofotohgrafia. ti passo qualche link che ti può permettere di far luce su caratteristiche progettuali possibili a livello di fai da te.Sul tema della costruzione completa di montature, di telescopi Newton e Cassegrain, a partire dalla realizzazione degli specchi, il testo GRATUITO, certamente un po’ datato ma per la sua basilarità e chiarezza concettualmente intramontabile… è “la Bibbia” in materia, ed è il libro francese di Jean Texereau “La construction du telescope d’amateur 2° edition che trovi quì in pdf, scaricabile a capitoli o intero
http://www.astrosurf.com/texereau/Siccome il Newton per fare fotografia ha una dimensione importante, e la montatura migliore costruibile amatorialmente (beninteso a mio personale avviso) azzarderei che è quella “a ferro di cavallo” come in questa immagine:
https://www.webastro.net/applications/core/interface/imageproxy/imageproxy.php?img=http://www.astrosurf.com/zeubeu/T500/IMG_20150705_102529_bis.jpg&key=81b9063bcf422a0586282feb8676fc7a21eda6615d468edaa6462962f40aaff6E’ progettata per accogliere un Newton diametro 500mm, ma per il momento non è mostrato l’ancoraggio del tubo del 500, ma è mostrata con una tavola supportante un dobson diametro 300mm
…Ti suggerirei quindi di dare una occhiata alla discussione di provenienza di quell’immagine di progetto, che è al seguente link:
https://www.webastro.net/forums/topic/132038-construction-dun-t500-et-de-sa-monture/?page=7Per quanto riguarda il tuo punto 1, TESTI DI RIFERIMENTO: Dal punto di vista ottico il link di che ti ha dato Mirco fa parte di una directory assai vasta ed approfondita di argomenti di ottica astronomica.
STAMPA 3D:
Premesso che so ben poco della stampa 3d, ma sui materiali plastici ho qualche conoscenza; sono portato a considerare il PLA non affidabile nè duraturo meccanicamente. Sarebbe molto meglio il Nylon 66 o il polietilene. Dubito però che il tipo di stampante idonea per questi fili sia reperibile a costi praticabili per l’hobby.
Anche un nostro iscritto ha sperimentalmente testato la fattibilità stampando un tester di Foucault, del quale però non è rimasto soddisfatto. Vedo quindi la stampa 3d relegata ad un uso piuttosto marginale.Quanto al CAD, se non ce l’hai ancora, ti consiglio di dare un’occhiata a quello che nogni tanto uso, che nè DOUBLE CAD – TURBOCAD LTE5 . Si tratta di un open source gratuito ed abbastanza simile al modo d’uso Autocad, aprendo e salvando pure in DWG. Lo uso di rado, non è invasivo e gira benissimo sui Lap top HP non recentissimi, che acquisto usati e ricondizionati con garanzia presso “Simpaticotech”, preferendo “vecchie” macchine di alto livello HP e molto prestanti, acquistabili fra i 200 e i 300 euro, ex leasing industriali, rimesse a posto e con garanzia.
Ciao.
Se hai mmagini da inserire devi dapprima caricarle su un host informatico gratuito,(per esempio http://www.postimage.org) che a sua volta ti fornirà alcune scelte di collegamento con alcuni link, fra i quali sceglierai quello per inserimento della immagine in un forum.
Indirizzo che incollerai nella tua risposta.
Credo che, trattandosi il tuo di un progetto particolare, qualche immagine sia indispensabile per capire di che si tratta.Tecnicamente, ad esempio, uno dei tre soli modi per ridurre l’altezza del Newton (a prezzo di una maggiore ostruzione) é di rinviare verso il basso il cono dell’asse ottico con uno specchio piano inserito lungo il suo percorso, per deviarlo poi con un terziario ellittico piano uscente accanto al primario (tipo “fuoco Nasmith”).
Ciao. Benvenuto.
Ti ho letto, ma francamente non ho capito come intenderesti realizzare quel Newton compatto.Puoi fare uno schizzo?
Quel che so, é che uno specchio piano, ancor piú se di grande diametro, é assai difficile da realizzare, perché occorrono tre utensili di pari diametro, lavorando con tutti e tre con alternanze indicate da una spercie di “tavola della verità” di tipo informatico, e utilizzando un interferometro come guida.
Se veramente intenderai realizzare il piano di grande diametro, la tua sarà certamente una partenza “in salita”.
Al mio rientro comunque potrei scivere un articolo tutorial su quel lavoro.
Attendo tue considerazioni.
Ciao
Giulio 86/8/19, Rimesso in visibilità tutte le immagini cui era variato il server di postimage
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