Con riferimento al precedente articolo che trattava la costruzione di tale strumento; Tanto per non perdere l’abitudine al fai da te, ma soprattutto con lo scopo di disfarmi dello sgabello necessario a raggiungere l’oculare del telescopio che si trovava a 1,8 metri dal suolo. Ho abbassato il medesimo di 16 cm, portandolo alla molto più comoda altezza di 1,64m.
A indirizzarmi su questa strada è stato l’articolo publicato su Sky and Telescope del febbraio 2013 di pag 63-64, sulle nuove filosofie “fai da te”, suggerite da Albert Highe, e sviluppate nel suo nuovo libro edito da Willman Bell, dal titolo: “Engineering, design and construction of portable newtonian telescopes”.
Ho quindi costruito un nuovo porta secondario per il diagonale da 63mm (dopo accurato disegno cad) inclinandolo non già di 45° rispetto all’orizzontale, come è di norma in tutti i telescopi newton, ma di soli 33°. Il che ha portato l’orientamento dell’oculare che prima era orizzontale, ad un angolo di 24.52° verso l’alto.
In totale il bilanciamento del telescopio è molto migliorato, non solo per la più ridotta lunghezza complessiva del dobson e conseguente braccio della leva fisica, ma anche per i 300 grammi di minor peso del traliccio più corto di (8 pezzi x 15 cm cadauno)=120cm di tubo di alluminio Ø22×1.5 mm.
Infatti la riduzione di 300 grammi di peso nella parte alta di un telescopio con focale F6, corrispondono a (300 * F)= ~1800 grammi di zavorra di bilanciamento eliminati alla cassa del primario.
La parte più “difficile” però di tutta la faccenda, è stata quella di capire come fare a recuperare lo specchio secondario GSO “nudo”, estraendolo indenne da dentro il suo supporto plastico fornito di serie. Ho quindi praticato tre fori “esplorativi da 8mm nel supporto plastico originale, e poi, illuminando l’interno attraverso uno di essi, e guardando attraverso gli altri due, ho notato che il bordo dello specchio presentava tre minuscole sporgenze di nastro biadesivo in concomitanza della superficie di contatto col supporto.
Svelata la modalità del suo fissaggio, ho quindi spinto delicatamente su quelle sporgenze, entrando nei fori con un cacciavite completamente in nylon (per la sintonia delle apparecchiature ad altissima frequenza), ….e lo specchio si è docilmente arreso staccandosi senza danno.
Nel ridimensionamento costruttivo ho desiderato riutilizzare quel secondario da 63mm e pure il focheggiatore da 31,8mm.
Questo riutilizzo, unito all’accorciamento del traliccio, ha comportato una leggera limitazione del campo di piena luce precedentemente impostato, perché il dischetto di luce passante per il barilotto da 31,8mm ha un diametro utile massimo di circa 28mm, il quale però sarebbe andato “fuori” dal diametro del secondario da 63mm. In altre parole il secondario avrebbe “vignettato” il riflesso del primario diaframmandolo di fatto.
La limitazione che ho adottato per evitare quella vignettatura è stata il portare a 0.3 gradi per parte (0,3°+0,3°), per un totale di 0.6 gradi, l’ampiezza dell’angolo di cielo osservabile. Il diametro del dischetto luminoso da 0.6° alla distanza focale di 1812.6mm, mi ha fornito un Campo di Piena Luce CPL pari a:
2*[TAN(0.3°)*F(1812.6mm)] = 18.98 mm.
La inclinazione costruttiva dello specchio secondario di una quantità diversa dai soliti 45 gradi, non comporta problemi meccanici, né tantomeno ottici, SE si rispetta la legge “di Cartesio–Snell” o “legge dei seni”, per la quale l’angolo di incidenza e l’angolo emergente di riflessione sono uguali, e quindi secondo la loro identica apertura debbono essere allineate le parti ottiche. In tal modo anche le stelle ai bordi del campo inquadrato dal telescopio appaiono puntiformi ed invariate rispetto alla precedente visione telescopica con secondario a 45°.
Il nuovo supporto inclinato per il secondario è stato costruito combinando semplici angolari di alluminio, in modo che il nuovo angolo di deviazione dell’asse di osservazione risultato pari a 65,5°, determinasse un angolo di incidenza di 57,26° del raggio proveniente dal primario, e di identica ampiezza all’angolo descritto dal raggio emergente, cioè riflesso in uscita dal secondario verso il focheggiatore, come si vede dalle quote del seguente disegno (ingrandibile con un clic).
(Al focheggiatore sono indicate pure le distanze misurate di estrazione del fuoco del mio parco oculari)
In fase di collimazione, l’allineamento delle ottiche con i suoi movimenti di tilt dello specchio secondario, garantisce ne più e né meno di quanto avviene nei telescopi con secondario a 45°, che l’angolo di incidenza ottimale venga ogni volta ritrovato automaticamente appunto nel conseguimento della collimazione.
Lo specchio secondario visto dall’interno del focheggiatore, non appare più circolare ma ellittico, con assi (misurati su proiezione al CAD) di 63 x 80 mm, il che porta l’ostruzione dal valore originale di (63/305)*100 = 20.6% della configurazione normale, al valore di (71/305)*100 = 23.2% della attuale configurazione.
Dove quel diametro indicato con 71 mm nell’ultima formula, è in effetti il diametro di un cerchio di area equivalente a quella presentata dall’ellisse 63 x 80 mm, che è l’ostruzione reale data dalla nuova inclinazione del secondario presente nel percorso ottico nella nuova configurazione.
CONCLUSIONE:
Il risultato (per ora…) è un telescopio 305F6 basso e comodo, che non necessita più di sgabello per vedere gli oggetti allo zenit, e che ha una struttura leggera (27 kg) ma robusta, e tale da richiedere solo una piccola affinazione della collimazione ad ogni montaggio “sul campo”.
Anche qui, una galleria di alcune foto è sicuramente la migliore testimonianza tecnica “multilingue”, a confronto di mille parole.