Costruzione Dobson “Light” 300F6 con freno a disco – FASE 1: realizzazione

300F6 “LIGHT”: Missione (equilibratura) impossibile?….Una soluzione è dotarlo di freno a disco!

Da anni, nella sua bella scatola nastrata ZAOT (il marchio del mio alluminatore preferito) avevo quello specchio Ø305 F 1830 inutilizzato.

L’avevo comprato tempo prima per pochi soldi perché “grigio”, cioè con una buona parabola, ma capitata “fra capo e collo”, al “mirror maker” inesperto, prima di terminare la lucidatura. Specchio che avevo poi rifinito e parabolizzato da me, e poi collaudato alla sua “prima luce” all’interno della struttura di un altro mio autocostruito 14”F5 tipo Obsession,  sfruttando il fatto che la lunghezza focale del 360F5 è quasi identica a quella del 300F6, e quindi collaudo e star test potevano avvenire nella stessa struttura, senza modifiche al traliccio.

Covavo infatti da parecchio tempo l’idea destinare quello specchio alla costruzione di un quarto ed ultimo dobson, più leggero del 14”, ma anche un poco più robusto e più facile da collimare dell’altro mio ULTRALEGGERO autocostruito Strock 250 F5, a valigetta “cabin”, del peso di SOLI 9 kg completo e pronto all’osservazione.

La duplice prospettiva interessante prestabilita era quella che:  Se in qualche momento dopo la costruzione, l’esperimento “300F6 light” non fosse riuscito soddisfacente, sarebbe scattata una opzione 2, con la ripresa dello specchio al carborundum grana 120, che con un pò di ginnastica (meglio se invernale!!) avrebbe portato a rifigurazione,  con l’approfondimento della freccia di ulteriori 1,5mm accorcianti la focale ad F5.

Il vantaggio di questa sgobbata vedrebbe pure il recupero della intera struttura light, col semplice accorciamento del traliccio di circa 30 centimetri, e una ulteriore riduzione del diametro di base di una quindicina di centimetri.

Siccome un telescopio veramente “light” con una focale così maledettamente lunga, è difficilissimo da bilanciare, mi serviva predisporre una struttura robusta sulla quale applicare le mie varianti costruttive sperimentali, fra le quali la numero uno:

 Il FRENO A DISCO di stazionamento.

Freno che ha la funzione di mantenere bloccato il movimento verticale del telescopio in qualunque posizione di puntamento venga a trovarsi, quasi indipendentemente dal peso della secondary cage.

E quindi per spostare lo strumento in senso verticale, è previsto che debba essere tirata  la leva di un freno di tipo ciclistico applicata al traliccio, la quale apre una pinza che morde un semidisco metallico applicato ad uno dei cuscinetti laterali  “side bearing” a mezzaluna, liberando il movimento azimut dello strumento altrimenti bloccato.

Il movimento di liberazione dal freno è di comoda e istintiva attuazione, perchè è ottenuto “prendendo in mano” la sbarra del traliccio contemporaneamente alla levetta ciclistica del freno, e stringendo i due oggetti assieme nella operazione di manovra dello spostamento del dobson.

La galleria di fotografie che seguono è più eloquente di qualunque commento, e mostra, fra laltro,  il tipo di leva con anello di fissaggio apribile, per tubi manubrio per bicicletta diametro 22mm.

Tuttavia qualche informazione in più sull’oggetto non guasta:

  • Ho inteso cercare l’attrito necessario ricorrendo a cuscinetti “classici”, con il solito accoppiamento Teflon-formica HDPE a superficie sabbiosa (tipo Ebony star).
  • La cella del primario è standard in acciaio , con cinghia di supporto dello specchio, e collimazione con viti azionabili dal retro. Cioè sul modello classico Kriege & Berry.
  • Allo scopo di utilizzare anche su questo telescopio, il mio computer di puntamento passivo Jimi NGC MICRO (già in uso sul 14”F5), ho riservato lo spazio per alloggiare sui due assi, i due encoders digitali ottici della US-Digital da 10 mila “tics” al giro, fra la cassa del primario e il sottostante rocker box, e su un cuscinetto laterale a mezzaluna estesa fino al suo centro di curvatura.
  • Il focheggiatore è da 1”1/4, ed è stato ricavato per tornitura da un cilindretto di nylon nero. Il suo peso finito è di 40 grammi (costo meno di 30 euro, materiale compreso), ed è realizzato per tornitura su mio disegno spartano, con una filettatura di focheggiatura sul suo diametro 40 mm, avente passo 3 mm, ma con spirale  “a tre princìpi” .

In pratica si tratta semplicemente di tre spirali parallele passo 3mm che permettono l’avanzare del fok di 3×3 = 9mm al giro.

  • Il secondario è diametro 63 mm, acquistato GSO già premontato sul suo supporto plastico.
    E’ stato preso un po’ più grande del dovuto, per poter eventualmente estrarre il fuoco di ulteriori 90 mm, utili per adottare una possibile visione binoculare.
  • Il supporto quadro del secondario è pure esso ricavato come il focheggiatore, in nylon nero, con bulloni M6 anch’essi leggerissimi perchè non in metallo ma in nylon.
  • Il traliccio è relizzato in tubi in alluminio diametro 22×1.5mm di spessore, idonei al fissaggio della leva ausiliaria freno tipo bicicletta per lo sblocco del telescopio.

Essi sono meccanicamente appaiati in 4 gruppi da due canne (ma col “senno di poi” avrebbero potuto benissimo essere trasformati in tre gruppi da due canne, con risparmio di un terzo del loro peso).

L’accoppiamento meccanico di ciascuna coppia di tubi è ottenuto nella parte superiore del traliccio per mezzo di un breve tratto di angolare di alluminio, in modo che installando ogni coppia di tubi, l’angolare fornisca automaticamente alla cassa del secondario, un semplice, sicuro e soprattutto univoco PIANO di appoggio autocentrante e autolivellante.

Ulteriore beneficio di questa scelta è che gli otto attacchi inferiori del traliccio possono essere semplicissimi perni filettati uscenti dalla cassa del primario, per cui i tubi del traliccio non presentano quindi più necessità di morsetti ad inclinazione guidata per il montaggio del telescopio.

  • La pinza del freno è realizzata con una pinza con robusta molla da caricabatteria per auto, all’interno delle cui ganasce ho incollato due parallelepipedi di wulkollan quali organi di presa ed attrito sul disco.
  • Il disco-freno è in realtà un semi.disco d’acciaio applicato alla mezzaluna cuscinetto laterale, è ritagliato con seghetto alternativo manuale, da lamiera in acciaio spessa 2 mm.
  • La struttura in legno più esterna della base è stata realizzata per accettare le stesse stanghe della carriola già in uso per l’altro mio dobson 14”F5, utili per spostare di posizione l’intero strumento montato in corso di serata. Inoltre questa struttura esterna permetterebbe l’eventuale aggiunta di feltrini di attrito laterali, in ausilio alla equlibratura.
  •  I 3 grandi piedi regolabili (per livellare il telescopio con l’uso del computer) sono i miei “deja vues” al costo di 2 euro cadauno descritti in altro articolo.

CONCLUSIONE :

Il telescopio otticamente va molto bene. Meccanicamente è docile e fluido in tutti i movimenti;

  • La base completa pesa 17 kg ;
  • La secondary cage completa di quickfinder e cercatore ottico 6×30, pesa 1700 grammi;
  • Il traliccio di 8 tubi Ø22mm x 1480 mm, pesa 2320 grammi,

per un totale di 21,3 kg completo del mio più pesante oculare, ES14mm serie da 82°.

Per ora sfrutta come contrappeso un sacchetto di pallini di piombo da 2 kg (sostituibili con elastico in futuro), in aggiunta al peso (1300 grammi) della lampada/faro portatile Beghelli tipo Maya, modificata con doppia batteria per fornire due velocità alla ventola di estrazione dello strato limite, con regolazione conseguita  senza uso di elettronica (come  descritto in altro articolo Quì).

I sacchetti di pallini di piombo sono comodi e molto meno dolorosi se cadono sui piedi, rispetto all’impatto di egual peso monolitico.

Questo telescopio ha avuto l’onore della pubblicazione nel numero di Novembre 2016 della rivista americana “Sky & Telescope”, all’interno della rubrica: “Astronomers Workbench”, alle pagine 66-67, (vedi l’articolo nella galleria) con titolo “Braking Bad Habits, How to make your lightweight scope behave” (In italiano: “Frenare le cattive abiutudini, insite nel comportamento dei telescopi dobson di tipo leggero”), pubblicando pure il seguente link ad altri lavori: quì  

IL MAGGIOR DIFETTO originale di questo telescopio è stata l’altezza di 181 cm allo zenit dell’oculare dal suolo, per cui per osservare allo zenit serviva uno sgabello alto 15 o 20 cm.

Per questo motivo, ho poi modificato il telescopio in una versione “LOW-RIDING” che presento in un altro articolo quì.

Una galleria con alcune foto è sicuramente la migliore testimonianza tecnica “multilingue”, a confronto delle mille parole altrimenti necessarie per una spiegazione sufficientemente esauriente.

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